....VOX / Christina Dalcher

Immagina di svegliarti con un bracciale al polso, che in realtà è un contatore e di poter dire solo 100 parole al giorno. Immagina un’America in cui a lavorare sono solo gli uomini e le donne sono a casa a fare le brave mogli, mamme, casalinghe. Immagina una vita fatta di gesti di assenso o dissenso con la testa, di parole scelte, di atteggiamenti servizievoli e reverenziali verso il genere maschile. Immagina di superare quelle 100 parole e ricevere una scarica elettrica.
Jean McClellan, protagonista del romanzo, è una linguista che studia la cura per l’afasia di Wernicke, o meglio, studiava, da quando le hanno messo il “bracciale” al polso. Ora si occupa della casa, dei figli, del marito.  Del silenzio. Una vita piatta, che sta stretta, in cui sfuggire al sistema sembra impossibile, finché il fratello del presidente non ha un incidente. 
Vox è tutto questo, donne, uomini e voce, che si perde, si controlla, si conta, si spezza, si cerca.  
L’autrice Christina Dalcher, bionda, linguista, usa questo mondo dispotico per farci riflettere sull’importanza della voce e del suo uso come mezzo di protesta. Quando ho iniziato a leggere questo libro non ho potuto non pensare al racconto dell’ancella di Margaret Atwood, da cui infatti l’autrice dice di essersi ispirata.
Un culto della vita domestica al cui centro c’è una donna zittita nel primo caso e un utero con le gambe nel secondo. Queste visioni delle donne fanno rabbrividire, eppure ci fanno riflettere su cosa succede quando il fanatismo raggiunge il governo, quando un movimento, in questo caso dei Puri improntato sul maschilismo, diventa legge.


Consigliato? Si e no. Un libro sicuramente interessante per l’idea da cui nasce, la cui trama però non trova uno sviluppo altrettanto coinvolgente. 


Vox / Christina Dalcher
Nord, 2018
p.414
                                     

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